Tè verdi giapponesi: quali sono i principali, caratteristiche e differenze

Le origini dei tè verdi giapponesi

Tra i primi paesi che subirono il fascino del tè e iniziarono a consumarne e poi anche a coltivarne le foglie, c’è sicuramente il Giappone, un arcipelago di isole dal terroir incredibile che oggi produce tè pregiati e amati in tutto il mondo. Nel IX secolo d.C., infatti, i monaci buddisti che dal Giappone si recavano in Cina per approfondire i propri studi impararono ad apprezzare moltissimo questa bevanda dissetante che tradizionalmente veniva consumata dal popolo cinese. Ne amavano il gusto, ma anche il fatto che potesse migliorare la concentrazione durante lo studio e le lunghe pratiche meditative, così come gli effetti medicinali in grado di dare energia e alleviare stati febbrili, mal di stomaco e cattive digestioni.

Fu nel 1191 d.C. che il monaco Eisai, di ritorno dalla Cina dopo lunghi anni di studio, decise di portare con sé dei semi di camelia e di piantarne alcuni nel Kyushu, nell’estremo sud del Giappone, e altri nei pressi del monastero di Toganoo (Kyoto), dando inizio alle prime vere e proprie coltivazioni di tè su suolo giapponese.

Grazie a questa importante figura, cui si deve la fondazione del buddismo Zen giapponese, la cultura del tè in Giappone si sviluppò e si diffuse ampiamente: divenne famoso il volume che Eisai scrisse, intitolato Kissa Yojoki, nel quale egli spiegava quanto il tè facesse bene alla salute, come coltivarlo e come prepararlo. In seguito alla diffusione di queste conoscenze, il tè in Giappone smise di essere appannaggio di monaci e nobili e divenne una bevanda tradizionale e alla portata di tutti.

Il tè verde giapponese in tazza risulta di un colore intenso, tra il giallo dorato e il verde oliva.

Ad oggi, il Giappone produce circa 80.000 tonnellate di tè all’anno, di cui solo una piccola parte viene esportata mente la maggior parte è destinata al consumo locale. Tra le migliori regioni di produzione di tè verdi giapponesi si annoverano Kyoto (in particolare la zona di Uji, dalla quale arrivano i tè più pregiati e costosi), Mie, Shizuoka, Miyazaki e Kagoshima. Sicuramente l’area di Shizuoka, nella parte meridionale dell’isola di Honshu, è la più popolare per i tè sencha, di cui resta in percentuale la maggiore produttrice del Giappone (circa il 40% del totale).

Abbiamo nominato il tè sencha, ma di tè verdi giapponesi ce ne sono davvero tanti: nei prossimi paragrafi vi racconteremo quali sono i principali e che caratteristiche hanno.

Tè verdi giapponesi: i principali

È conoscenza comune che il Giappone si sia specializzato quasi esclusivamente in una sola tipologia di tè. A parte qualche rara eccezione (alcuni rari tè fermentati o i recenti tè neri wakocha pensati prevalentemente per l’export), il prodotto di punta di questo paese è sicuramente il tè verde. Eppure vedremo come, anche con un unico tipo di tè, si possa spaziare tantissimo a livello di sapori e aromi.

Una caratteristica comune ai tè verdi giapponesi e che solitamente contribuisce a definirne il livello è l’umami, definito anche “quinto gusto”. “Umami” è un termine ideato in Giappone agli inizi del Novecento ed entrato poi a far parte del lessico scientifico nel 1985, andando a definire il gusto del glutammato di sodio. Già, perché il sapore umami è caratterizzato da una sapidità gustosa che fa venire l’acquolina in bocca, una sapidità simile a quella del dado da brodo e della salsa di soia. Più un tè verde è ricco di umami, più solitamente è considerato buono e piacevole al palato.

Ovviamente, come dicevamo prima, questo è solo uno degli elementi che concorrono a definire il sapore di un tè verde giapponese: ci sono infatti molti fattori che influenzano il gusto di un tè, come il terroir, la cultivar di partenza e la lavorazione.

A differenza dei tè verdi cinesi, ad esempio, che subito dopo la fase di appassimento sono sottoposti alla cottura in padella per bloccare l’ossidazione, i tè verdi giapponesi subiscono una cottura a vapore: il gusto sarà quindi più vegetale e marino, con foglie più fragili. Ecco perché il liquore dei tè verdi giapponesi è opaco: non è un sintomo di cattiva qualità, ma la semplice conseguenza di una cottura che indebolisce la struttura della foglia, la quale tenderà a sbriciolarsi più facilmente e rilasciare una finissima polverina nell’acqua.

Anche le cultivar di origine sono importanti: ce ne sono alcune che danno tè più dolci e umami, altre che producono foglie dai sentori più freschi ed erbacei, e così via. Oltre alle varietà che per caratteristiche di suolo e clima si sono meglio adattate a certe regioni dell’arcipelago, va detto che i giapponesi si sono dati tantissimo da fare nell’ultimo secolo per raggiungere risultati eccelsi, sperimentando con diversi ibridi e perfezionando sempre di più le nuove cultivar nate in laboratorio.

Vi abbiamo incuriosito? Scopriamo allora assieme quali sono i principali tè verdi giapponesi e che caratteristiche hanno.

Sencha

Il Sencha, il cui nome significa letteralmente “tè infuso”, è il tè che costituisce la maggior parte della produzione giapponese (tra il 60% e il 70%). Si tratta del tè verde derivante dal primo raccolto di primavera (viene chimato shincha quando è raccolto nelle primissime due settimane). Le sue foglie sono aghiformi e sottili, con la superficie lucida di colore verde scuro o verde foresta. Ci sono in realtà diversi grades di Sencha, di qualità più o meno alta: i migliori, dal colore più brillante e lavorazione più fine, hanno un umami più intenso, maggiore dolcezza e una più lunga persistenza.

Bancha

Bancha è un termine abbastanza generico che in Giappone indica il tè “semplice”. Viene raccolto dopo il sencha e può essere dunque frutto di un raccolto estivo oppure autunnale. Le sue foglie sono lavorate più grossolanamente del sencha: hanno una pezzatura più irregolare e si presentano più grandi e spesse, di forma ripiegata e appiattita, con colori che restano tra il verde oliva e il verde militare e una superficie più opaca. È un tè perfetto per la quotidianità e in Giappone è consumato spesso durante i pasti: il suo sapore è lievemente erbaceo e vegetale, meno raffinato di un Sencha ma avvolgente e rinfrescante.

Kabusecha

Il Kabusecha è un tè ombreggiato (kabuse = ombra): il processo di ombreggiatura, che consiste nel coprire le piante prima della raccolta mediante dei teli, porta la pianta a sviluppare moltissima clorofilla nel tentativo di catturare i pochi raggi di sole che riesce a ricevere. Le foglie dei Kabusecha sono infatti verdissime e di un colore brillante. Un altro effetto che si ottiene con l’ombreggiatura è un aumento esponenziale della dolcezza e dell’umami: la mancanza dei raggi solari fa sì che la pianta trasformi meno amminoacidi (dolci) in catechine (amare) di quanto avrebbe fatto in condizioni normali di luce. Il Kabusecha viene ombreggiato per un periodo di 7-10 giorni prima della raccolta.

Gyokuro

Il Gyokuro, il cui nome significa “rugiada di giada”, è il tè verde più pregiato prodotto in Giappone: si tratta di un tè che subisce un’ombreggiatura dai 21 ai 40 giorni, condensando nelle sue foglie umami, dolcezza e amminoacidi in quantità tali da rendere il suo sapore altamente aromatico e quasi burroso. Le sue foglie sono arrotolate in maniera finissima, risultando in sottili aghi di colore verde intenso con riflessi quasi blu.

Hojicha

Stupisce sempre il fatto che anche l’Hojicha rientri nella categoria dei tè verdi: il colore delle sue foglie (e dei suoi rametti, se ne contiene) è infatti molto lontano dal verde foresta che ci aspetteremmo di trovare. L’Hojicha si presenta con colori caldi sui toni del marrone e del beige, con foglie appiattite e piuttosto frammentate e un avvolgente nota tostata. “Hoji” significa infatti “tostato, arrostito” ed è proprio così che l’Hojicha, partendo da un comune bancha, viene prodotto: le foglie, tostate in padella, danno un liquore morbido e intenso di colore ambrato scuro, con un gusto che richiama le nocciole e il caffelatte. L’Hojicha è un tè povero di caffeina, che evapora quasi completamente con la tostatura: può quindi essere bevuto anche dai bambini o da chi è particolarmente sensibile a questa sostanza.

Tè verde biologico Hojicha, dalle calde note tostate

Genmaicha

Il Genmaicha è uno dei tè verdi giapponesi più amati anche da chi in genere non va matto per il tè verde in sé: il suo nome significa infatti “tè con riso integrale” perché al tè verde di base (un bancha o un sencha di qualità non elevata), viene aggiunto del riso integrale tostato e soffiato. Il gusto risulta molto dolce e amidaceo, quasi un mangia-e-bevi che aiuta la digestione e restituisce il buonumore. La leggenda narra che il Gemaicha sia stato creato durante la Seconda Guerra Mondiale: per sopperire alla scarsità di tè in un momento di forte crisi economica e alimentare, il bancha veniva “tagliato” con il riso integrale, risultando così meno costoso. Nato come “tè povero”,  il Genmaicha è rimasto poi tra i tè verdi giapponesi più largamente consumati anche al giorno d’oggi.

Kukicha

Il tè può essere composto soltanto da foglie? No, e il Kukicha ne è un esempio lampante: un tè costituito da steli (kuki = rametti) che oltre a essere buonissimo è anche quasi privo di caffeina. Questa sostanza eccitante è di fatto un meccanismo di difesa della pianta verso gli insetti per evitare che questi ne mordano le foglie (dove è presente in alte concentrazioni). Nei gambi, invece, la caffeina è praticamente assente – un altro tè ideale per chi non tollera questa sostanza. Il gusto del Kukicha è morbido e poco astringente, adatto a qualsiasi momento della giornata. Ne esiste anche una versione molto pregiata (che trovate anche nel nostro shop online): è il Karigane, un particolare tipo di Kukicha derviante dai rametti di scarto del preziosissimo tè Gyokuro, con un umami e una dolcezza più intensi.

Tè verde kukicha, fatto di rametti e povero di caffeina

Matcha

Forse possiamo considerare il tè Matcha come il più popolare in assoluto tra i tè verdi giapponesi: in questi ultimi anni nel mondo occidentale sta spopolando soprattutto come ingrediente di molte ricette. Ma cos’è il Matcha? È un tè verde giapponese polverizzato che si ottiene da una base di Tencha (tè verde ombreggiato destinato a diventare Matcha): le foglie vengono private di steli e nervature per essere poi macinate in maniera finissima, come farina. Dato l’altissimo quantitativo di foglie necessario per produrre questo tè, si può comprendere il costo elevato del tè matcha, soprattutto se parliamo di quello di grado cerimoniale. Il tè Matcha di alto livello è infatti usato nella cerimonia del tè giapponese, mentre quello che si utilizza in cucina è il Matcha culinario, un grade inferiore dal colore più spento, che però va benissimo come ingrediente sia per realizzare bevande come smoothies e matcha latte, sia per colorare e insaporire dolci, torte e biscotti. I benefici del tè Matcha sono ancora più alti rispetto a quelli degli altri tè verdi giapponesi: considerate che, in questo caso, state ingerendo l’intera foglia di tè e non semplicemente il risultato della sua infusione in acqua. Il tè Matcha infatti si prepara stemperandolo in acqua calda all’interno di una tazza ampia (chawan) con un frullino (chasen), così che il tè in polvere resti in sospensione e venga inghiottito assieme all’acqua. La quantità di catechine, amminoacidi e caffeina assunte saranno perciò molto alte: un boost di energia e di antiossidanti davvero potente! Ottimo per la colazione se volete iniziare con un bello sprint la vostra giornata.

Kamairicha

Il Kamairicha è un tè verde giapponese dalla lavorazione molto particolare: contrariamente a quanto avviene per gli altri tè verdi giapponesi, infatti, il blocco dell’ossidazione non viene eseguito tramite vapore, bensì con una cottura in padella, come accade invece per i tè verdi cinesi. Questo “strappo alla regola” influisce ovviamente sul gusto, dando un’impronta più tostata e meno marina e vegetale al Kamairicha.

Consigli di infusione per il tè verde giapponese

Come si infondono quindi i tè verdi giapponesi? Per far sì che questi tè diano il loro meglio in tazza, bisogna seguire dei piccoli accorgimenti, oltre alle buone norme in generale per infondere un tè in foglia (l’attenzione alla tipologia di acqua utilizzata e la qualità del tè).

Come si accennava più su, la cottura a vapore delle foglie ne indebolisce la struttura: ciò fa sì che le foglie tendano a sbriciolarsi facilmente e disperdere piccoli frammenti in acqua, cosa che si traduce con una velocità di infusione maggiore e il bisogno di temperature più basse per non rovinare le foglie.

Ecco perché i tè verdi giapponesi si infondono solitamente con tempistiche brevi che variano dai 30 secondi ai 2 minuti, fatta eccezione per qualche tè come l’Hojicha e il Genmaicha che reggono senza problemi infusioni più lunghe (anche 3 minuti).

Anche la temperatura è fondamentale: 50-65°C per i preziosi Gyokuro e Kabusecha, intorno ai 70°C per i Sencha e 75-80°C per i Bancha, che hanno foglie più grandi e spesse. La regola generale è: più il tè è pregiato, più le foglie sono tenere e lavorate finemente e temono le alte temperature.

Si rivela perciò perfetta per i tè verdi giapponesi la koridashi, ossia l’infusione a freddo e nello specifico con il ghiaccio, che esalta enormemente l’umami e la dolcezza delle foglie infuse. Sappiamo infatti che è con il calore che la caffeina e le catechine – i composti amari del tè – vengono estratti: lasciando sciogliere in una teiera tè e cubetti di ghiaccio, si ottiene invece un risultato piacevolissimo, che azzera astringenza e amarezza.

Come proporzione, si può tenere la stessa degli altri tè infusi all’occidentale (2,5 – 3 grammi per 200ml di acqua) oppure aumentare la grammatura riducendo i tempi di infusione come si farebbe per un gong fu cha.

Data la piccola dimensione delle foglie, non è però possibile usare la gaiwan, poiché si perderebbe tutto il contenuto nel filtrare il tè: quali sono dunque gli utensili corretti da usare?

Gli utensili per infondere i tè verdi giapponesi

Per le infusioni dei tè giapponesi si usano solitamente la kyusu o la shiboridashi. La parola “kyusu” significa letteralmente “teiera” in giapponese.  Piuttosto piccina, tondeggiante e dal corpo un po’ schiacciato, la kyusu si distingue per il suo manico laterale posto a un angolo di 90° rispetto al beccuccio, che ne facilita l’impugnatura, e per il fatto di avere un filtro interno incorporato realizzato in metallo (a maglie molto fini) o ceramica, che trattiene le foglie più piccole. La kyusu è solitamente fatta in ceramica o in creta, ma vengono utilizzati anche altri materiali come ghisa o vetro.

La shiboridashi (letteralmente: “spremere”) è invece una versione molto più schiacciata e larga della gaiwan cinese e funziona esattamente nello stesso modo. Tradizionalmente in argilla, ha le fattezze di una ciotolina piatta e larga, con una capienza di 100-200ml, un beccuccio appena accennato da cui si versa il tè e un coperchio. Non ha nè filtro, nè manico, ma il movimento per versare il tè una volta pronto risulta comunque facile e fluido poiché, inclinandola e tenendo semplicemente al suo posto il coperchio, il liquido passa dallo spazio che rimane tra quest’ultimo e il beccuccio mente le foglie vengono trattenute all’interno.

Guida all’acquisto dei tè verdi giapponesi: come scegliere?

Come avrete capito arrivati alla fine di questo articolo, i tè verdi giapponesi non sono tutti uguali. Ognuno ha un profilo aromatico differente, con sfumature che possono essere più decise nell’umami, più dolci, oppure più erbacee e rinfrescanti. Come scegliere dunque quello più adatto al proprio gusto personale?

Se amate i tè semplici, vi piace berli anche durante i pasti e cercate un gusto rinfrescante e non troppo dolce, puntate sul nostro bancha biologico, un tè di ottima qualità che si adatta a essere sorseggiato in qualunque momento della giornata.

Se volete invece testare la setosità dei nostri tè sencha, c’è l’imbarazzo della scelta: dal morbido tè verde biologico sencha Ayame da cultivar Asatsuya al tè verde Shizuoka Sencha Kura dalle note quasi floreali, passando per molti altri tè sencha da cultivar e regioni differenti.

Se preferite invece dei sentori ancora più dolci e intensi, rimarrete stregati dai sapori del nostro Kabusecha di Miyazaki e dalla morbidezza del prezioso Gyokuro.

Chi non tollera la caffeina può invece godersi un buonissimo tè verde Shizuoka Kukicha, il tè di rametti naturalmente quasi privo di questa sostanza.

E per chi già pregusta la pioggia autunnale, i primi freddi e i “comfort teas” della stagione in arrivo, non c’è nulla di meglio di un tè verde biologico Hojicha, con le sue note tostate e nocciolate, o di un dolce Genmaicha con riso soffiato e matcha per coccolarsi un po’.

Tutti i nostri tè verdi giapponesi li trovate disponibili presso lo shop online: buona esplorazione!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *