La Cultura del tè nell’Antica Cina

Quando l’antico Romano Impero non esisteva ancora, ii popolo cinese stavano già bevendo il tè. Nel frattempo, a Londra, l’alta società conosceva nuove bevande, perlopiù distillati alcolici, ma solo nell’Impero Celeste la cultura del tè fioriva già da molto tempo.

L’amore cinese per il tè è simile al fascino che provano i Francesi per il vino, la stessa passione e la stessa devozione.

Ogni anno più di 600mila tonnellate di tè vengono raccolte nell’Impero Celeste (fino a 10.000 varietà). E quasi tutti amano berlo! Eppure, mezzo secolo fa, la cultura del tè unica nel suo genere era sul punto di essere dimenticata.

Durante il regno di Mao Zedong, leader della rivoluzione cinese, le tradizionali case da tè erano state chiuse perché definite come «Resti del passato.»

La patria della pianta del tè non è la Cina, come molti credono, ma il nord del Vietnam, da lì è arrivata nel sud della Cina, nell’India e nella Birmania.

Quindi i Cinesi, che prima si dedicavano solo all’infusione delle foglie di tè, solo successivamente si impegnarono nella coltivazione di questa pianta. I primi accenni sul tè e delle sue proprietà benefiche risalgono al 2000 aC.

In un primo momento il tè veniva impiegato come medicina e bevanda energetica, non veniva consumato semplicemente per il piacere del gusto.

Storicamente, la gloria di chi ha scoperto il tè è attribuita a Shen Nung, un mitico imperatore che presumibilmente ha governato la Cina nel 2737-2697 a.C.

Si dice che un giorno abbia riscaldato dell’acqua sotto un cespuglio di tè e che diverse foglie caddero accidentalmente in una pentola. Il risultato impressionò l’imperatore che decise di bere quell’acqua aromatica e rimase piacevolmente stupito, così decise di ripetere questa procedura altre volte.

Secondo un’altra leggenda, un monaco buddista dall’India, Bodhidharma (che visse nel VI secolo d.C.) che si addormentò una volta durante la meditazione e per punizione si tagliò le palpebre. Nel luogo in cui caddero le sue palpebre, crebbero due cespugli di tè.

Secondo altre fonti, il nome «tè » era già comune a tutta la Cina prima della nascita di Bodhidharma, nel III secolo d.C. sotto la dinastia Han.

Verso l’ottavo secolo il tè aveva fatto un altro passo avanti: era diventato molto più economico e anche le persone meno abbienti potevano permettersene una tazza. Nel 780 fu portato a termine il più famoso trattato sul tè in tre volumi chiamato «Cha Ching», scritto da uno scienziato accademico, Lu Yu.

Cha Jing 茶 經 (Trattato sul tè) di Lu Yu (陸羽) è in realtà la prima enciclopedia sul tè.

E non è stato scritto in un linguaggio scientifico poco comprensibile, ma da fraseggi delicati e raffinate metafore poetiche.

“Le foglie di tè devono arricciarsi come il mento di un toro, sgretolarsi come un pezzo di pelle di un cavaliere tatarico, divenire come una nebbia che sale sopra un burrone e ammorbidirsi delicatamente come la polvere che è bagnata a terra dalla pioggia”.

Ai tempi di Lu Yu, veniva prodotto principalmente del tè pressato. La foglia di tè veniva cotta a vapore, schiacciata, creando delle mattonelle, utilizzando l’amido di riso come agente legante e poi cotte.

Tale tè poteva essere conservato per lungo tempo, facilmente trasportato e, come un buon vino, diveniva migliore con gli anni. Se veniva raccolto per l’imperatore, veniva poi decorato con immagini in rilievo del drago e della fenice – simboli di potere supremo.

Nella Cina moderna, il tè viene raramente pressato e non si utilizzano più gli additivi come leganti.

Il tè della Cina antica era diverso anche nella sua preparazione. Troviamo la descrizione del rituale del tè fatta dallo stesso Lu Yu. In primo luogo, le foglie di tè asciutte venivano lavate con acqua fredda.

Si accendeva il fuoco e si metteva il bollitore con dell’acqua. Aspettando che le prime bollicine si formassero sul fondo, venivano fatte cadere le foglie fresche e tenute in ammollo fino ad ebollizione, poi l’acqua veniva tolta dal fuoco.

Quando le foglie di tè affondavano, la bevanda era considerata pronta e versata immediatamente nelle tazze riscaldate.

La cerimonia del tè cinese

La particolarità della cerimonia del tè cinese risiede nella sua origine: all’inizio il tè era un privilegio per monaci e nobili buddisti.

Da qui il nascere di un’atmosfera solitaria e sublime con un mood aristocratico e un di divertimento. Nel suo momento migliore, presi dall’entusiasmo, in diverse parti dell’impero furono aperti giardini di tè, padiglioni e case da tè, dove si potevano degustare svariati tipi di bevande, che si adattavano a tutti i palati, il tutto circondato da paesaggi di meravigliosa bellezza, a noi familiari grazie ai disegni sui vasi antichi cinesi, dai suoni della musica e dal canto degli uccelli, e alla sera, il tutto circondato dalla morbida luce delle lanterne e dallo splendore dei fuochi d’artificio.

Negli ambienti più raffinati della Cina, a differenza dell’Europa, non sono mai stati serviti snack con il tè. E nemmeno latte, panna o limone.

Altri sapori come zenzero, rosa, erbe speziate e scorza di limone venivano serviti solo tra i poveri, per coprire la scarsa qualità delle foglie di tè, la foglia migliore era solo per i ricchi.

L’unico additivo riconosciuto nel mondo più chic della degustazione del tè era il gelsomino. Nel Medio Regno il gelsomino veniva usato per ripristinare l’aroma del tè, una volta divenuto meno evidente a causa del trasporto dalle province meridionali al nord.

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